Caldo Grigio Caldo Nero

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DIVA & ENTR’ACTE PRESENTANO

CALDO GRIGIO CALDO NERO

Un film documentario di  MARCO DENTICI  con l’amichevole partecipazione di Maria Grazia Cucinotta, Ninni Bruschetta,  Nino Frassica.

 

SINOSSI

locandina_caldo_grigio_caldo_neroA Sud di Messina, il 25 Ottobre 2007 è una giornata come tante altre, scaldata dalla coda estiva siciliana. I palpiti e le geometrie che da molti anni scandiscono il ritmo della quotidianità vengono improvvisamente stravolti da un mesociclone che provoca, senza mietere vittime, danni e distruzione.

È solo il preludio della tragedia del 1° Ottobre 2009.

È pomeriggio inoltrato. La luce cede precocemente il posto al buio. Nella sonnolente atmosfera della loro casa, un nonno sonnecchia accanto alla nipotina di circa otto anni che, con timore crescente, osserva il cielo caricarsi di nuvole minacciose. Si scatena l’inferno e stavolta la violenza del nubifragio è di ben altra portata. Alla fine si conteranno 31 vittime e 6 dispersi.

Soccorsi. Feriti e cadaveri sotto montagne di fango e macerie. Funerali di Stato. Solidarietà, contestazioni.  Gira la giostra delle colpe. Rimbalzano cifre, dichiarazioni di tecnici e politici. Tutti responsabili, nessun responsabile. Dopo un anno e otto mesi il quadro non muta. A parte gli interventi sulla “messa in sicurezza” della collina assassina, i paesi sfigurati mostrano i doppi segni della morte e dell’abbandono. Il film si chiude con la notizia al TG dell’ennesimo nubifragio nelle stesse zone colpite. Siamo a marzo 2011, periodo in cui il Governo Nazionale blocca i fondi Fas per la Sicilia.

NOTA DI REGIA

caldo_grigio_caldo_neroCaldo grigio caldo nero è un tentativo di ridare dignità alle comunità ferite, alle persone balzate con la loro morte all’effimera notorietà, così come i loro semisconosciuti paesi. Per il diritto delle nuove generazioni  ad avere un futuro normale.

Girato nell’arco di un anno e mezzo, il film si avvale di riprese effettuate con telecamere professionali, con telefoni cellulari e videocamere amatoriali. Uno stile  asciutto per una  vicenda che va ben oltre la cronaca, fatta di segmenti di storie tracciati dagli occhi di un disperso senza nome. O dagli occhi di chi riavvolge il nastro della propria esistenza. E parlarne con la voce dei ricordi per non dimenticare.

Regia: Marco Dentici

Con l’amichevole partecipazione di: Ninni Bruschetta, Maria Grazia Cucinotta e Nino Frassica

Per la prima volta sullo schermo: Valentina Vitale, Filippo De Luca, Domenico De Francesco

Supervisione al montaggio: Mirco Garrone

Ricerche e collaborazione ai testi: Francesco Dentici

Fotografia: Beppe Magazzù

Operatori alla macchina: Mattia Colussi, Beppe Magazzù e Francesco Villari

Fonico di presa diretta: Marcello Trovato

Montaggio: Daniele Giunta

Effetti visivi: Gianluca Dentici (Reset vfx)

Aiuto regia: Giovanni Dentici

Musiche originali composte ed eseguite da: Danilo Cherni e Gianfranco Salvatore

“La cavalleria rusticana” è eseguita da: Corpo bandistico Vincenzo Bellini di S. Teresa Riva

Prodotto da: Roberta Poiani, Marco Dentici, Romolo Biondi, Anna Mazzaglia Miceli

Ufficio stampa: Gabriele Barcaro  +39 340 5538425   gabriele.barcaro@gmail.com

 

MARCO DENTICI

Nato a Galati Marina nel 1947, dopo gli studi all’Istituto Statale d’Arte frequenta il corso di scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. Vive ed opera a Milano fino al 1970, svolgendo prevalentemente l’attività pittorica, alternandola a quella teatrale e televisiva. Nel 1971 si stabilisce a Roma, dove – pur senza abbandonare il teatro (per il quale firma le prime regie) – inizia a lavorare nel cinema, realizzando sino ad oggi le scenografie di oltre 60 film, diretti da autori come Sergio Corbucci (Giallo napoletano; Bello mio, bellezza mia), Claude Chabrol (Giorni felici a Clichy), Gabriele Salvatores (Turné), Gianni Amelio (Colpire al cuore), Giuseppe Piccioni (La vita che vorrei), Alberto Sordi (Nestore – L’ultima corsa; Assolto per aver commesso il fatto). Tra i sodalizi più lunghi, si segnalano quelli con Francesco Maselli, per il quale firma le scenografie di 9 film (L’avventura di un fotografo; Storia d’amore; Codice privato; L’alba; Il segreto; Cronache del terzo Millennio; Il compagno; Civico 0; Le ombre rosse e l’episodio “Sciacalli” in Scossa), e l’intenso rapporto artistico con Marco Bellocchio, per il quale realizza le scenografie di La balia (Ciak d’oro), L’ora di religione, Buongiorno, notte, Il regista di matrimoni, Vincere (che gli vale un David di Donatello e un Nastro d’Argento) e del film tv Rigoletto a Mantova, trasmesso in diretta in mondovisione.

Come regista ha diretto i documentari Mafalda di Savoia – La costruzione del lager di Buchenwald (2005) e ASC (2006) e il cortometraggio Uno va e l’altro torna.

NINNI BRUSCHETTA

Messina è la città della Fata Morgana, un fenomeno di rifrazione che ci regala una realtà illusoria. Ogni cosa bella scompare, come la luce del tramonto. Ma c’è sempre qualcuno che la vuole salvare, come accadde per il terremoto, quando il governo Giolitti sembrava intenzionato a lasciarla marcire sotto le macerie… ecco, noi siamo tra questi e speriamo che il nostro piccolo contributo serva a salvare Messina ancora una volta.

MARIA GRAZIA CUCINOTTA

È la mia terra che mi chiama, ed io rispondo… rispondo con la mia voce, insieme a quelle di altri colleghi, per dare forza ad  un messaggio importante. Un progetto che racconta la tragedia, la denuncia, ma anche la speranza di coloro che lottano affinché ciò non accada più.

NINO FRASSICA

Quando Marco mi ha chiamato un anno e mezzo fa, per chiedermi se volevo partecipare a un suo film sulla tragedia di Giampilieri, gli ho risposto subito di sì, a scatola chiusa. Quel film ancora stenta a partire e quando mi ha riproposto di partecipare a questo suo film documentario gli ho risposto nuovamente di sì. Perché? Perché mi fido di lui e soprattutto perché il dramma vissuto dai nostri concittadini non cada definitivamente nel silenzio. Credo che per noi artisti sia un dovere stare sempre con la gente, specialmente quando soffre.

INTERVISTA A MARCO DENTICI

Com’è nata l’idea di questo film documentario?

Ci pensavo da tempo, dopo aver scritto la prima sceneggiatura di un lungometraggio – che avrebbe dovuto intitolarsi Il paese è nostro – basato sulla tragica alluvione del 2009 a Giampilieri. Sentivo la necessità di concentrare il dramma di intere comunità su pochi personaggi ispirati a persone realmente vissute, e al tempo stesso di ampliare gli effetti della devastazione in chiave metaforica, oltre i confini regionali. Ma la Sicilia, e in particolare Cine Sicilia che avrebbe dovuto dare la scintilla produttiva iniziale (come più volte ha assicurato il Governatore Raffaele Lombardo) si trova in una fase di totale immobilismo. Nell’attesa, viste le difficoltà, i miei produttori mi hanno stimolato a farne un documentario, e così ho iniziato a selezionare oltre trenta ore di materiale video, e girato alcune parti in chiave fiction. Spero che di Caldo grigio caldo nero il pubblico colga la sottotraccia metaforica, che il film possa contribuire a stimolare la consapevolezza che non solo di fango materiale si muore. C’è quello immateriale, impalpabile, altrettanto orrendo. Uccide la dignità dei vivi e la memoria dei morti.

Nonostante il numero delle vittime e le dimensioni della tragedia, ciò che è successo a Giampilieri non ha destato nell’opinione pubblica la stessa attenzione riservata ad altri disastri naturali: nel film si offre una spiegazione, “Non hanno avuto né occhi né orecchi, perché qui siamo tutti mafiosi e abusivi”…

C’è una tendenza dei siciliani a piangersi un po’ addosso, associata a un senso di storica sudditanza, sommato a sua volta ad un certo fatalismo di stampo verghiano. Questa volta, però, e credo non sia l’unica, la ragione sta dalla loro – dalla nostra – parte. L’opinione pubblica è rimasta piuttosto fredda perché attraverso i media è passato un messaggio a dir poco devastante: la colpa di tutto sarebbe stata dell’abusivismo e dell’ignoranza… parole dell’allora capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, ribadite dai Soloni dei vari talk show televisivi. Il risvolto è che chi è causa del suo male pianga se stesso. Spero che su questo punto il mio film accenda una piccola luce di verità: le responsabilità vanno cercate nell’abbandono del territorio e nel dissesto idrogeologico diffuso: impluvi, scoli torrentizi e fiumare erano totalmente abbandonate all’incuria e al degrado, senza neanche l’ordinaria manutenzione. Perché, nonostante le avvisaglie del 2007, nessuno è intervenuto per prevenire la sciagura?

A proposito di Bertolaso: perché la scelta di non mostrare le autorità, ma di “incorniciarle” nei ritratti a olio che vediamo nel film?

Perché nel bene e nel male non fanno parte della gente comune; anzi, sono sempre più distanti. Dovrebbero svolgere, in nome dell’interesse della collettività, un ruolo di primo piano proprio  per dare risposte… ma avete mai sentito un ritratto rispondere a una domanda? Il silenzio o le tante autorevoli dichiarazioni – che nei fatti nel silenzio si sostanziano – meritano una cornice dorata.

Nel film compaiono Maria Grazia Cucinotta, Ninni Bruschetta e Nino Frassica: come ha scelto questi tre “testimonial”?

Tutti e tre avevano già sposato il progetto de Il paese è nostro: è stato quasi automatico averli come testimonial in questo documentario. Maria Grazia, Ninni e Nino sono, come me, messinesi e dunque sensibilmente coinvolti nel dramma di quelle comunità. Non credo, però, che la ragione della loro adesione sia soltanto questa: gli attori, e in generale gli artisti, hanno una naturale predisposizione a stare in contatto con le persone, ne interpretano i sentimenti e sono pronti a stare a loro fianco soprattutto nei momenti di difficoltà.

Qual è oggi la situazione a Giampilieri e nei villaggi limitrofi?

La risposta è nelle parole pronunciate nel film dalla signora Bellomo, moglie del disperso Santi,  che nel prefinale dice: «Dopo un anno e otto mesi il paese è come prima, forse peggio, è finito tutto…». Le fanno da contro canto i pensieri di alcuni alunni delle scuole medie che, riferendosi ai “ritratti”, descrivono con parole semplici come dovrebbe essere il loro paese ideale. È importante ricordare, inoltre, che nel maggio scorso il Governo centrale ha bloccato i fondi F.A.S. per la Sicilia, parte dei quali destinati alla ricostruzione.

A quando risalgono le immagini che vediamo nel film?

Le immagini sono il compendio di un anno e mezzo di riprese effettuate in vari momenti e in stagioni diverse. Da tre giorni dopo la tragedia del 1° Ottobre 2009 fino al giugno 2011. Mi mancavano, ovviamente, le immagini “live”, quelle girate con cellulari e videocamere amatoriali proprio durante le devastanti colate di fango. Mi sono state offerte da chi è riuscito a salvarsi. È stato prezioso anche il materiale video dei Vigili del Fuoco e quello dei cinereporter dei network locali.

Accanto alle immagini drammatiche della tragedia, il film può contare anche su un “tappeto sonoro” molto efficace…

Nel film c’è molta musica, e ci sono suoni, rumori, parole: i tratti di silenzio, lo sferragliamento delle pale meccaniche, la telefonata di Berlusconi durante la Messa di Natale, l’omelia dell’arcivescovo La Piana, fanno parte della stessa partitura. Anche la poesia  di Guido Oldani, recitata da Maria Grazia Cucinotta, è musica oltre il significato delle parole. E poi c’è il Padre Nostro in lingua rumena: un acuto lirico che inonda le navate del Duomo mentre sfilano le bare coperte dal nostro tricolore e alla fine da quello rumeno. Almeno nella morte un principio d’integrazione.

Il caso ha voluto che, dopo aver collaborato spesso con Marco Bellocchio, lei presenti a Venezia questo suo primo lungometraggio proprio nell’anno del Leone d’oro al maestro: ha avuto modo di confrontarsi con lui riguardo all’intenzione di girare il film?

È una coincidenza fantastica, lo strameritato Leone per Marco mi riempie di gioia. Siamo stati diverse volte insieme a Venezia e a Cannes, lui come autore, io come scenografo dei suoi film. Non avrei mai potuto immaginare di ritrovarmi un giorno con Bellocchio alla Mostra del Cinema: lui a ritirare “l’oro” del Leone alla carriera, e io a portare il “fango” in laguna. Sì, Marco ha seguito il cammino – ancora incompiuto – de Il paese è nostro, ne ha letto un paio di stesure e i suoi consigli mi sono stati più che preziosi. Di Caldo grigio, caldo nero non gli ho parlato, non ne ho avuto il tempo, travolto come sono stato dal durissimo lavoro di selezione di una montagna di materiale video e successivamente dalle riprese a Giampilieri. Spero che venga a vederlo e che io non debba arrossire dall’imbarazzo.

Immagino che essere a Venezia come regista sia una grande soddisfazione…

Certo, ma la soddisfazione più grande è essere riuscito a onorare l’impegno che avevo assunto con me stesso e soprattutto con gli abitanti di quei paesi: portare in una vetrina internazionale come la Mostra del Cinema la voce di un pezzo d’Italia che continua ad essere inascoltata.